sabato 20 settembre 2014

Storia di F.

F è una persona che spiazza.
Nel tempo, si è rivelata molto diversa da come si presentava all'inizio. Non che si nascondesse; semplicemente, stava in guardia. Rimaneva professionale e abbottonato.
Poi, però, si è aperto.
Un regalo inaspettato.
F lavora in un'azienda di grandi dimensioni da una quindicina di anni. E non è un ragazzino.
- All'inizio, mi ha confidato, avevo voglia di lavorare, ma nessuna possibilità. Hai presente la 'Questione Meridionale'? Ho fatto la valigia e sono andato via: in Germania.

Si parla degli anni '70. Una vita fa.
Adesso c'è la crisi, e tutti noi sappiamo cosa comporta; allora non c'era, ma i numeri non erano così diversi da ora e il benessere,l'agiatezza, certo non toccavano a tutti.
Non erano toccati a F, per esempio. La cui famiglia ha origini semplici e per giunta è del Sud.

- Io all'eroina ho resistito, continua, e non lo so come ho fatto. Mio cugino per esempio ci è caduto. Ma in Germania c'ero andato senza di lui. Forse sta qui la differenza. Perchè lì, se avevi voglia, potevi migliorare. Ho imparato il tedesco, per esempio. E l'inglese. Partendo da zero, come operaio in catena.

Nel vedere il suo orecchino, ormai di dimensioni piccolissime, non immagineresti tanta proprietà di linguaggio, e un vocabolario così ricco. Infatti, non è da uno così che, seguendo i luoghi comuni, ti aspetteresti una buona cultura, e anche una certa grazia.

- E' lì che ho incontrato la mia compagna e avuto mia figlia. Poi ho deciso di rientrare, ed eccomi qua.


F adesso ha dei problemi di salute. O meglio, ne ha avuti. Infarto, malattie cardiache; tutte cose legate a stress, forse anche a malesseri esistenziali. Ma continua a lavorare, e con efficacia. Purtroppo, secondo ritmi propri, che ad alcuni appaiono lenti, troppo lenti.

- Il medico me l'ha detto: devi evitare gli affanni. Infatti non vado neppure più in trasferta; non all'estero almeno, e neppure in Italia, se è troppo lontano. Pensare che ho lavorato in Cina, in India, in Iran. Ma era un'altra epoca, ed avevo un altro livello di energia.

Per questo motivo, l'azienda gli ha assegnato responsabilità limitate, adesso. F tutto sommato l'ha presa bene. Non si sente degradato. Era un Generale, ed adesso è un Sottufficiale - forse solo un caporale.
Che per giunta non ha truppe da guidare.


- C'è un tempo per ogni cosa. Il mio, è il tempo della cura. Di me stesso, e del lavoro ben fatto. Le corse, non le faccio più

'Presto e bene non vanno insieme', diceva mia nonna;lo diceva anche mia madre. Nel passato, lo dicevano in molti. Adesso, almeno nell'industria, non lo dice più nessuno. Guai. Vige il motto 'grezzo e veloce', che è molto lean.
Attenzione: non sto dicendo che non sia corretto o non abbia un senso. Sto dicendo che 'grezzo e veloce' non sta nelle corde di F. La sua situazione personale ne è distante anni luce. E il suo sentire, avendolo ascoltato, non mi risulta incomprensibile.

F mi fa pensare alla signora in sovrappeso che ho incontrato qualche anno fa, in fila per una visita medica. I sandali troppo stretti per dei piedi in qualche modo sformati, un vestito rosso, del profumo intenso. Era appena uscita la notizia che per le donne il limite della pensione sarebbe stato spostato in avanti: a 65 anni,come per gli uomini.
Non so più come eravamo entrate nel discorso; mi disse: lavoro come aiuto in cucina, qui, in centro. Ogni volta che mi abbasso a prendere una pentola, mi scricchiolano le ginocchia. La notte, quando rientro a casa, stento ad addormentarmi per il mal di schiena. Ho appena compiuto 61 anni, e pensavo di esserci ormai. Non so proprio se ce la farò a continuare per altri 4 anni.
Mi chiedo: c'è da darle torto?


A livelli ben diversi, un chirurgo che ho conosciuto di recente, titolato, di reputazione, eppure ancora straordinariamente vero, mi ha confidato: dopo tanti anni di lavoro e di studio, sono contento di quello che sono riuscito a realizzare, di cosa ho costruito. Le mie giornate sono intense; neppure mi accorgo, a volte, di essere arrivato a sera. Recentemente mi hanno proposto un nuovo incarico, la guida di un centro specializzato all'estero. E' tutto da impostare, potrei costruire un'eccellenza da zero. Ma sai cosa ti dico? Ho già dato
La persona in questione si sposta di frequente all'estero, per cicli di lezioni e interventi vari, congressi inclusi. Quindi, non si sarebbe trattato di un qualcosa lontano dalle sue abitudini, o dalle sue corde.
Ma è stanco, evidentemente. Oppure le sue priorità stanno diventando altre, se già altre non sono.


La riflessione quindi si impone, almeno per me.
Ovvio che non siamo tutti uguali. Non lo sono le nostre professioni, le nostre condizioni di salute, il nostro stato generale. A parità di età, quello che abbiamo vissuto e la nostra personale struttura psicofisica marcano la differenza, anche dal punto di vista professionale.
Eppure forse c'è un filo rosso che ci lega, nelle varie fasi della vita. L'entusiasmo e l'incoscienza della prima giovinezza lo conosciamo tutti. Poi la voglia di emergere, infine quella di dare valore e senso ai gesti di ogni giorno. Le stagioni della vita. Eccetera eccetera.
Forse, dico. Non sono certa che il filo rosso valga per tutti, ma sospetto che accomuni molti di noi. Ne è riprova, e non frutto del caso, il fatto che nei bei tempi andati fossero i 'vecchi' ad insegnare ai giovani. I 'vecchi' sentivano così che la loro esperienza era servita; acquistavano senso, e valore, gli anni spesi. Anche, e soprattutto, nell'ambito del lavoro.



Per cui, proseguendo il filo logico:
1) adesso c'è qualcosa che non va. In azienda, per esempio, sono scomparsi i 'vecchi' che insegnino (e 'vecchi' lo si è prestissimo: quando si costo troppo) e mancano i giovani cui trasferire (non si assume, o si assume in modo flessibile, a tempo). I 'vecchi', adesso, se espulsi dal mondo del lavoro anzitempo, invece di insegnare passano il tempo a rodersi il fegato, finchè non trovano un nuovo posto, che forse è quello che dovrebbe ricoprire il giovane, a giudicare dai compensi.
2) adesso c'è un'esigenza diversa. I nuovi metodi introdotti di recente - per esempio la Lean - non favoriscono il processo di insegnamento 'tradizionale', perchè RIVOLUZIONANO di fatto il modo di lavorare, lo status quo,favorendo un tipo di insegnamento cui non tutti i 'vecchi' sono abituati (il coaching è relativamente nuovo alle nostre latitudini); salvo iniziative del tutto individuali, o altre eccezioni. Ma lo ripeto: se con l'aggettivo 'vecchio' si identifica la persona di 45-50 anni o giù di lì, il discorso tende a decadere, e vale piuttosto il caso 1), altresì detto "adesso c'è qualcosa che non va". 

Credo che dovremmo tutti fare mente locale alla questione.
Perchè 'vecchi' prima o poi, e a Dio piacendo, lo saremo tutti.

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