martedì 3 febbraio 2015

IL PARAGONE NON E' IMPROPRIO


No, non lo è. Il paragone non è improprio.
Ed è facile capirlo, adesso, in tempo di elezioni.

Di cosa parlo? Di questionari di soddisfazione del personale, Di indagini di clima aziendale. E mi scuseranno gli esperti nel campo se utilizzerò termini poco scientifici, inadatti, non professionali.

Le elezioni politiche servono a determinare chi governerà il paese, o la regione, o il comune: chi governerà qualcosa che ci riguarda. Con le elezioni esprimiamo il notro parere: ci piacerebbe governasse questo signore qui, proprio lui, o questo partito qui, i cui ideali ci corrispondono. I cittadini prendono posizione. Tramite le elezioni possono dire: non tu, ma lui. E di conseguenza, chi governa quel 'qualcosa' può cambiare, un altro può arrivare. E questo è il potere, l'essenza fondante della Democrazia.



La finalità delle indagini di clima Aziendale, dei questionari di soddisfazione del personale,  non è affatto la stessa. L'azienda non è certo una Democrazia: chi governa quel 'qualcosa' che ci riguarda sta lì per motivi altri rispetto a una scelta deliberata del 'cittadino aziendale' (ovvero, dei dipendenti, in tutte le loro possibili forme di contratto). Sta lì perchè scelto dalla Direzione, dalla Proprietà o da altri, in quanto ritenuto la persona adatta a ricoprire quel ruolo e a fornire i risultati richiesti
La finalità dell'indagine di clima è quella di comprendere il modo in cui il 'cittadino aziendale' vive l'azienda, valutarne il gradimento, considerare i segnali che ne derivano e intraprendere delle azioni migliorative (se, quante, quali: secondo giudizio del committente, a suo rischio e pericolo).


Da qui, il sospetto che paragonare le elezioni politiche e le indagini di clima aziendale - o i questionari di soddisfazione - sia del tutto improprio.
In effetti, secondo me non lo è e le due questioni presentano un punto essenziale di comunanza: il fatto che una 'popolazione' esprima un'opinione, e che con questa opinione si debba fare i conti in termini di azioni.
La cosa risulta evidente, in particolare, quando si procede all'analisi dei dati.

In questo momento sto ragionando sulla questione per un supporto in merito che mi ha chiesto un Cliente. Le mie considerazioni sono le seguenti, in breve:
  • il dato della mancata partecipazione è importante, in ambedue i casi. Chi non si esprime in politica lo fa per una quantità di motivi, che vanno dalla protesta al senso di totale impotenza; chi non si esprime in azienda lo fa per questi motivi, o anche per paura (di essere riconosciuto, di rimetterci in qualche modo)
  • il dato della mancata partecipazione è la prima informazione da valutare: se è molto elevato, ha poco senso dare risalto ai risultati di chi si è espresso. Chi si è espresso non rappresenta la popolazione nella sua interezza, nè ne è un campione rappresentativo; piuttosto, rappresenta la parte non ancora 'persa' della popolazione, che quindi - potremmo dire 'per definizione' - è mediamente più favorevola all'Azienda. Darvi risalto corrisponde, in qualche modo, a 'falsare' la situazione reale: al di là della pura statistica, è un fatto che andrebbe sottolineato. 
  • un po' di ricordi: come andava alle elezioni studentesche del liceo? Votavano in 3, e quei 3 se la suonavano e se la cantavano. Di fatto nessuno, fra gli studenti, davvero contava su di loro, nè le loro decisioni o voci avevano alcun peso.
  • se il dato della mancata partecipazione è elevato, o elevatissimo, cosa sta nella pancia di chi non si esprime bisogna capirlo, non c'è alternativa. Forse, nel questionario di soddisfazione del personale si potrebbe aggiungere una sezione 'perchè non partecipo alla votazione', o simile, Breve, semplice, a risposta suggerita, in cui almeno una parte dei silenti potrebbe dire qualcosa, e far capire. Sarebbe già un'informazione in più. Ma probabilmente non servirebbe a molto di fronte a situazioni incallite. 
  • Se la situazione aziendale è critica, mi chiedo se l'indagine di clima è lo strumento più adatto da utilizzare, o se è il solo - la risposta agli adetti ai lavori, ma resta il dubbio sull'opportunità di proedere in tal senso quando per esempio c'è un'azione di mobilità, CIG o altro.

In conclusione, e mi fermo qui: il non detto, in certi casi è più pesante del detto. Qualcosa da non trascurare, e anzi, da tenere in massima considerazione.
Riflettiamoci: io, nel mio piccolo, lo sto facendo