venerdì 29 agosto 2014

Perchè è di questo che si parla..

 
.. ovvero, di far andare avanti il business.
Il lavoro.
La nostra vita.



E allora come si può accettare che ancora ci siano remore, dubbi sul da farsi? Come si può comprendere chi continua a parlare come un secolo fa - letteralmente - disquisendo di quanto sia male oggi e quanto invece fosse bene ieri?

Direttamente dall'ombrellone, da quella spiaggia dove quest'anno ho messo piede troppo poco,vi dico: semplifichiamo.
I concetti, i pensieri, le aspettative.
Diventiamo un po' più ZEN.


Seguendo alcune scontate e banalissime pillole di saggezza, per esempio queste:

1
Il lavoro della vita esiste. E' vero. Ma per qualcuno,e non per tutti. E' più importante che esista un lavoro, che non il lavoro della vita. La questione somiglia un po' a quella del Principe Azzurro, su cui si potrebbe aprire un capitolo, un intero libro a parte. O un'enciclopedia.


2
Se Tizio era peggiore di noi, e adesso si trova in posizione migliore perchè ha avuto fortuna - ovvero la sua Azienda non ha chiuso - non è la fine del mondo. Prendiamone atto e continuiamo per la nostra strada.


3
Se Tizio era peggiore di noi e adesso invece si trova in posizione migliore perchè si è trovato un altro lavoro, smettiamo di dire che è stato fortunato e cerchiamo piuttosto di capire quali canali ha utilizzato, come ha fatto. La Fortuna aiuta gli audaci. O come ha scritto Mario Calabresi, la Fortuna non esiste (corollario: ce la costruiamo da soli, ogni giorno)



3
Riflettiamo: davvero Tizio era peggiore di noi? Quanto davvero conosciamo le sue risorse?


4
Se è vero che intorno ci sono molti casi negativi, aziende chiuse, capannoni semi abbandonati, è vero anche che non sono poche le aziende e gli imprenditori che resistono (facendo utili). Se sono davvero tante le persone che da un giorno all'altro perdono il lavoro, sono diverse anche quelle che, pazientemente, con metodo, ne trovano un altro, e poi magari un altro ancora, senza mai arrendersi.
Per cui, pur capendo quanto queste circostanze tristi mettano alla prova, e anche quanto sia necessario, in prima battuta, sfogarsi e dar via libera alla giusta rabbia, il mio invito è questo: prima possibile, non appena la nostra personale buriana interiore è passata, guardiamo al meglio e tiriamoci su il morale.
Esempi buoni ce ne sono: cerchiamo di trarne spunti e ispirazione per noi stessi.

Buona fine d'estate, o buon ri-inizio di lavoro, a tutti.
Ripartiamo con animo sereno.


martedì 19 agosto 2014

Storia di V..


V è una bella persona, calda ed empatica.
E poi è un'ottima professionista. Ho toccato con mano e posso testimoniarlo.
Per cui mi fa piacere parlarne qui, sul mio blog.



V è titolare di un'agenzia ed ha un socio. Sono affiatati ed è bello vederli lavorare assieme; o almeno, per me lo è stato.
V inoltre ha un marito e due bambini. Vi si dedica, e come molti ha una rete di supporto che le consente di lavorare, e intensamente, senza che nessuno ne risenta troppo.
La sua giornata è scandita da turni ed impegni di precisione millimetrica; ha però delle Jam Sessions - così le chiama - in cui si chiude fuori dal mondo, al riparo, e creativamente elabora le mosse successive, gli sviluppi che vorrebbe, i piani per i futuro.
Che poi discute e condivide con il socio.
"Sempre", sottolinea. Il patto è sacro.



Nel momento in cui vi sono entrata in contatto stavo pensando al mio business e alla struttura che intendevo dargli; per cui era importante confrontarmi, valutare, riflettere. Così, ho chiesto a V come è iniziata la sua attività, e come ha fatto le proprie scelte (socio, momento, linea di business: il primo, in particolare).
Le si sono illuminati gli occhi.


Oltre 10 anni fa, entrambi lavoravano per un'agenzia. Non per la stessa, però. Erano entrati in contatto per contiguità lavorativa e vi erano rimasti per affinità elettiva (le parole sono testuali). Più volte l'avevano buttata lì: "E se ci provassimo da soli?", lasciandosi andare con l'immaginazione a progettare un ufficio giusto fuori città, con un pochino di verde attorno; ma poi non ne facevano di nulla. Era come un bel sogno che stentasse a decollare.
E d'altra parte, volendo, non c'erano ragioni immediate che spingevano; per entrambi il lavoro c'era e non stavano affatto male, là dov'erano. La crisi, per intenderci, era di là da venire.
Però.
Però il desiderio restava. Continuavano a parlarne.


"Un giorno" mi ha confidato V "presi in mano la situazione. Noi donne decidiamo, c'è poco da fare. Gli dissi: ci vediamo al bar X alle Y in punto, vieni con l'agenda che faccio sul serio".
Così, si videro, decisero la data delle dimissioni, e cominciarono di fatto quel sodalizio che dura anche adesso.
Fu indubbiamente una decisione azzeccata.

Noi donne decidiamo, c'è poco da fare.
Questa frase mi risuona nelle orecchie.
Bella. E certo per V,in quel caso, vera. Ma non vera in assoluto. Nel mio mondo non sono le donne che decidono, ma gli individui. Cui a volte capita di essere donne, e a volte no.


Ognuno, d'altra parte, gestisce se stesso. Assumendosene la responsabilità in toto. Niente di più c'è da aspettarsi o chiedere, lo so; ma è bello che nel cammino professionale qualcuno ci accompagni, costruire qualcosa insieme.
Ed è questa la riflessione, il mio personale auspicio per me stessa, con cui chiudo questo seconda storia professionale. Una storia positiva.