mercoledì 17 agosto 2016

I corsi e ricorsi storici


Corsi e ricorsi storici.
Il buon Giambattista Vico, per chi se lo ricorda dai tempi del liceo.
La Storia tende a ripetersi, mutatis mutandis, ovvero, con i correttivi del caso, dovuti al cambiamento delle condizioni al contorno.

Ed ecco che andiamo a ri-scoprire Charlotte Bronte, scrittrice della metà dell'800, famosissima lei e la sua famiglia al tempo, interamente composta di scrittrici che hanno prodotto opere come Cime tempestose (chi non ricorda, oltre al film relativo con Montgomery Cliff, la canzone di Kate Bush?) e Jane Eyre (ben due film prodotti negli ultimi anni, uno più bello dell'altro).
 Donna non da poco, la nostra Charlotte, con una vita costellata da disgrazie e lutti che adesso giustamente ci farebbero rabbrividire, incluse le drammatiche circostanze della sua fine, ma che all'epoca purtroppo rasentavano la normalità, essendo malattie adesso curabilissime sorgente inevitabile di lutti. Donna non da poco e attenta ai tempi, alla società, come traspare dai suoi scritti.
Una casa editrice low cost, e contemporaneamente una casa editrice high cost, nei mesi scorsi hanno ripubblicato, a prezzi molto diversi, molti romanzi dell'800, soprattutto inglese. Vi segnalo "Shirley", ed è di questo che parlerò. Non tanto per le sue peculiarità letterarie e narrative, quanto per gli aspetti industriali che vi sono descritti. Da cui appunto traggo evidenza dei corsi e ricorsi storici di Vichiana memoria.
Giambattista Vico, un tipo sveglio.

La storia si svolge in Inghilterra all'epoca di Napoleone; quindi, diciamo all'inizio dell'800. Le condizioni politiche erano come segue:
  • in Europa (la parte che ne aveva conquistato) Napoleone aveva imposto il "blocco", ovvero il divieto di acquistare merci provenienti dall'Inghilterra, suo mortale nemico  - un chiaro gesto politico
  • l'Inghilterra (che contraccambiava di cuore: Napoleone era chiamato "il mostro") aveva di conseguenza imposto al proprio interno il "controblocco", ovvero il divieto di vendere all'Europa - un'altrettanto chiara risposta politica
Le guerre, all'epoca, erano disastrose, in termini di vite umane, per chi vi partecipava direttamente, ovvero soldati cavalli eccetera, compreso il loro inevitabile seguito; le persone "normali" che vivevano in città e fuori dalle aree di battaglia non rischiavano direttamente di essere uccise in azione, come invece purtroppo accade adesso (i bombardamenti mica c'erano), ma correvano pericoli maggiori del consueto di morire per fame, per esempio, viste le implicazioni pratiche della guerra.
Nella storia di cui parliamo, le ragioni politiche pesano: l'economia in Inghliterra è di fatto bloccata. Le merci prodotte non circolano. Gli imprenditori sono con l'acqua alla gola e rischiano il fallimento, e a nulla vale la loro voce presso il Governo: Napoleone prima di tutto, la sua sconfitta.
Ed ecco qui il primo parallelo con la realtà odierna: mutatis mutandis, alcune decisioni politiche oggi hanno pesanti implicazioni sull'economia. Sappiamo di Aziende in forte difficoltà. Vedasi, per esempio, il blocco delle importazioni in Russia (e leggetevi un esempio interessante di reazione - hlink

Tra i protagonisti c'è un industriale tessile, Robert Moore. E' un uomo che viene dal Continente (Belgio) e quindi paga lo scotto di essere straniero. Si trova sull'orlo della bancarotta per la situazione politica del Paese, e anche per la difficoltà di introdurre le novità tecnologiche con cui, da imprenditore illuminato, è convinto che risolleverà le proprie sorti.
Il fenomeno è storicamente documentato, e io me lo ricordo dal liceo: l'introduzione dei macchinari nell'industria tessile tra la fine del '700 e l'inizio '800, corrisponde alla cosiddetta Prima Rivoluzione Industriale, che coinvolse anche il settore metallurgico.
Fino a quel momento le attività erano state svolte manualmente da frotte di operai che avevano una vita di fatiche e stenti, ben misere, ma tuttavia con un salario che consentiva loro di mantenere in qualche modo famiglie normalmente molto numerose. Con l'introduzione dei macchinari, il numero di addetti necessari calò drasticamente, e veramente ci fu chi pagò di persona, morendo per fame.
Nacque quindi una reazione furibonda contro le novità tecnologiche. I nuovi macchinari venivano assaltati e distrutti dagli operai esclusi, che erano tanti e avevano seri problemi di sopravvivenza, sperando in questo modo di arrestare il progresso tecnico e ripristinare le condizioni precedenti. Cosa che ovviamente non avvenne. Il fenomeno è identificato storicamente con il termine "Luddismo", dal nome di Ned Ludd, il primo inglese che, a fine '700, distrusse un telaio meccanico per protesta contro il suo impatto sociale. C'è chi dice che il buon Ned in realtà non sia mai esistito, essendo di fatto un eroe mitologico del suo tempo (tipo un Superman dell'epoca). Per chi vuole approfondire, consiglio il seguente link
Nel romanzo, Moore acquista i suoi bravi macchinari, pur nelle difficoltà economiche; durante il trasporto verso la fabbrica vengono assaltati e distrutti dagli operai, che apertamente lo odiano. Moore denuncia il fatto, e le autorità puniscono i colpevoli. Nessuna comprensione sociale: ricordiamoci che sono tempi di alte, chiare e sancite differenze di classe. Come conseguenza Moore viene assalito con un tentativo di omicidio dagli operai, e resta a lungo tra la vita e la morte.
Ed ecco qui il secondo parallelo con la realtà odierna: mutatis mutandis, il rischio di absolescenza dei lavoratori attuali, con la cosiddetta Industria 4.0, è altissimo. Anzi, più che un rischio è ormai una certezza. Le condizioni, adesso, sono già quelle del romanzo in questione: scarsa, scarsissima domanda e manodopera più o meno specializzata disoccupata, seppure, almeno per il momento, mediamente capace di mangiare (a parte coloro che non arrivano alla 4° settimana, i cosiddetti nuovi poveri). Le novità tecnologiche in atto, riassumibili nel paradigma dell'Industria 4.0, sono però del tutto rivoluzionarie e dietro l'angolo. Molto se ne parla, anche in termini trionfalistici, e riempiendosene la bocca, ma troppo poco si parla dell'impatto sociale inevitabile. Tra tutti i proclami, pare a me che questo aspetto sia non poco tralasciato. Come si reagirà da parte degli esclusi quando saremo nel pieno dell'Industria 4.0 e le riserve accantonate da genitori e avi vari saranno terminate? Occorrerebbe porri il punto adesso e provvedere.


Tra gli operai di Robert Moore ci sono bambini. Se ne parla quasi con affetto. Le regole per la loro assunzione e gestione sono del tutto nelle mani del padrone, che può comportarsi come una specie di secondo padre benevolo ma severo, o essere un'autentica carogna. Il nostro, nel romanzo, è benevolo per fortuna. Robert è un duro, d'altra parte, ma sa giudicare le persone ed è un brav'uomo
Ed ecco qui il terzo parallelo con la realtà odierna: mutatis mutandis, il lavoro minorile non è ancora sconfitto. E' vero, nelle nostre civiltà occidentali non è permesso impiegare personale inferiore a una certa età (15 anni in Italia), e se lo si impiega minorenne, sono in vigore leggi e restrizioni a sua tutela. Ma acquistando beni molto a buon mercato "made in" Paesi lontani, il rischio che favoriamo il lavoro minorile di sfruttamento è alto. E' una questione centrale nella cosiddetta CSR (Corporate Social Responsbility), di cui si sono fatte paladini sensibili, negli ultimi tempi, anche le Case Automotibilistiche: la nuova ISO TS 16949 - così pare - dedicherà spazio a questo tema, e l'AIAG (la Società delle case automobilistiche americane cui ormai fa capo anche la ex-nostra FCA) ha pubblicato uno standard specifico ad essa dedicato.

Robert Moore sopravvive, questa è la buona notizia. E si risolleva dalla condizione di imprenditore prossimo al fallimento: dopo aver tentato, praticamente a casaccio, il matrimonio con una ricca ereditiera che lo respinge, quello che risolve è la decisione del Governo inglese di eliminare il "controblocco". Le merci possono circolare di nuovo e il mercato riprende. Tra parentesi, può pure permettersi, adesso, di impalmare la ragazza povera di cui è da sempre innamorato (nota speciale per i romantici..).
Ed ecco qui il quarto parallelo con la realtà odierna: mutatis mutandis, etc etc. Questo vorrei dire, ma invece non dico: mancano appieno le condizioni. Se si tornerà sopra a decisioni politiche che oggi hanno pesanti implicazioni sull'economia, una parte del problema si risolverà, ma rimarranno problemi strutturali. Adesso il mercato è globale e lo sappiamo tutti, così come globale è la cosiddetta crisi, che alcuni danno come in via di risoluzione, e che altri invece considerano un nuovo status quo permanente, una nuova condizione cui tocca abituarsi e fare la bocca.

Io non so come stanno le cose in realtà, ma ho una mia propria precisa idea; nessuno d'altra parte ha la sfera di cristallo, nè io nè altri. Tuttavia non è questa la sede per voli pindarici e fantasie, per cui mi asterrò da ogni ulteriore commento in merito.
Rimane invece l'invito a riesaminare il passato, le sue vicende e implicazioni, e a trarne spunti per il futuro, mutatis mutandis. Anche un romanzo datato, letto sulla sdraio in riva al mare o all'ombra di un masso in alta montagna, può degnamente servire all'uopo.
Buona fine delle vacanze...!

venerdì 8 aprile 2016

LINEE GUIDA PER MIGLIORARE


Eccomi qua, sono tornata.
Mi scuso per l'assenza, mi scuso per tutto. Diciamo che ho avuto un picco di lavoro.

E già che ero sotto picco, ho osservato bene.
Vedendo un sacco di cose che meriterebbero libri, enciclopedie, colossal hollywoodiani, saghe tipo soap opera.
Ho voglia di parlarne, e allora comincio da una cosa semplice, laterale, tangente: gli stage in azienda ai fini di tesi di laurea.

Ai miei tempi - e di acqua sotto i ponti ne è passata tanta - non usava così spesso e le Università erano piuttosto distanti dalle Aziende. Le tesi erano sperimentali (come nel mio caso: e quanto ci detti di cazzuola e pulizia nella canalina di prova!) oppure teoriche. Chi vi lavorava stava per conto suo, generalmente, con il mondo del lavoro aveva contatti dopo, quando inizava a cimentarvisi come vero "lavoratore", con tanto di cartellino da timbrare eccetera, come del caso.

Io però, nel mio piccolo, ho avuto a suo tempo la mia occasione di stage con tesi finale; non ai fini di una leurea, ma a conclusione di un progetto fatto dall'Azienda che già mi pagava (poco, ma mi pagava!).
In sostanza, ero già dentro; la mia occasione nasceva da una cosa che era piuttosto in voga, allora, presso le Aziende grandi e strutturate, che fossero efficienti o meno: il programma di sviluppo dei "giovani potenziali".

Allora: giovane io lo ero, senz'altro; e forse anche potenziale (ma amavo denifirmi cinetica..!). Così iniziai il programma.
Eravamo un centinaio di giovani ingegneri e, facendola corta, dopo un mega master molto bello fummo dispersi in gruppetti nei singoli stabilimenti produttivi per il cuore del programma stesso: lo stage.
Il mio gruppetto, fatto da 3 persone, fu inviato in un sito storico in cui c'erano oltre che cultura e competenza, anche un discreto numero di grovigli personali e organizzativi con cui subito dovemmo fare i conti.
Anche noi dovevamo studiare e approfondire un certo tema, con lo scopo finale di formire LINEE GUIDA PER MIGLIORARE; avevamo chi ci seguiva e personale di assoluto spicco dell'Organizzazione (i "piani alti") a cui riportare, sia periodicamente che per la tesi finale.
Facemmo del nostro meglio, devo dire, e tirammo fuori la nostra analisi con le suddette LINEE GUIDA.

Ma che fatica, e quali animi infiammammo senza volere! Pensate che qualche tempo fa, a distanza di un abisso di oltre vent'anni, uno degli animi di cui sopra, incontrato per caso in un bar, ebbe a ritornare sull'argomento e a ripetere le proprie rimostranze riguardo a quanto era stato riportato! Si ricordava addirittura le parole, una per una.
Il reale valore aggiunto del lavoro e delle LINEE GUIDA? Zero. Che io ricordi, mai più si fece menzione del nostro lavoro nei lunghi anni che passammo tutti e 3 in quello Stabilimento, e a ragione, dico io, visto che le LINEE GUIDA di cui sopra erano, come dire, un po' ingenue. Rileggendole adesso (le ho ritrovate la settimana scorsa, in fondo a un baule), fanno davvero sorridere.

Perchè racconto tutto questo? Perchè la hystoria non è magistra proprio di niente.
Ovvero, non sempre la storia insegna (al di là della lesson learnt - o learned - che nelle Aziende si va giustamente proclamando; e non confondiamo il sacro con il profano).
Da cosa derivava lo scarso valore aggiunto del nostro lavoro di tesi finale? Dalla nostra inesperienza: se è vero che occhi "nuovi" vedono cose che occhi assuefatti magari non colgono più, è anche vero che tali occhi "nuovi" devono sapere dove guardare. Non era esattamente il nostro caso (ovviamente, essendo tutti freschi di studi e imberbi). Inoltre probabilmente eravamo stati un po' manipolati da questo e da quello, con l'obiettivo di non risultare screditati da 3 ragazzetti aventi visibilità e contatti con i suddetti "piani alti".

Adesso vengo al punto: alla luce di quanto sopra, che speranza può avere un ragazzo che deve preparare la tesi di laurea in Ingegneria Gestionale, o Meccanica, o che so io, di fornire all'Azienda in cui fa lo stage, sensate LINEE GUIDA PER MIGLIORARE come elemento sia centrale che finale della propria tesi di laurea? Nessuna: per tutti i motivi sopra esposti. E anche per la privacy, per il fatto che l'Organizzazione in cui si muovono per la tesi non ha alcuna voglia - giustamente - di fare brutta figura con estranei, e anche perchè chi segue il o la tesista non ha poi così tanto tempo da perdere o voglia di mettersi, eventualmente, in cattiva luce nell'Organizzazione stessa puntando il dito. Insomma, per tutta una serie di ragioni logiche, naturali, deviate e psicologiche insieme.

E allora la domanda è: i professori che inviano questi ragazzi nelle Aziende, e poi vogliono delle LINEE GUIDA PER MIGLIORARE come "summa" delle loro tesi, lo sanno? Lo hanno capito?

Al di là di ogni finalità didattica che immagino stia dietro all'idea in sè, me lo auguro proprio.