lunedì 24 novembre 2014

L'uomo senza qualità? No, senza difetti


Eh, e chi non ne fa? Mi dispiace per voi, ma l'uomo senza difetti non è ancora nato. Nè nascerà a breve.
Sbagliamo continuamente, in modo più o meno grave: nella vita come nel lavoro. In entrambi i casi, gli errori si pagano. A volte, cari.
 
La buona notizia è che dagli errori si può imparare. E mentre nella vita ognuno fa come gli pare (ci mancherebbe: a proprio rischio e pericolo), nel lavoro imparare non è che si può: si deve.

Nei miei giri aziendali, molti e a volte vorticosi, sento le seguenti frasi:
- 'Sì, ma quello non capisce niente'
- 'A lui no, questa cosa non la faccio fare. Tanto sbaglia sempre'
e mi viene lo scoramento.

Ho tenuto un corso in settimana, in cui fra l'altro ho toccato l'argomento 'poka yoke'. Quando ho chiesto: 'sapete di cosa si tratta?', qualcuno ha risposto: 'a prova di stupido'.
Ho ribattuto: 'a prova di errore'.

Questa è la mentalità predominante: che ci siano gli stupidi e quelli bravi. Che gli stupidi sono hopeless e vanno lasciati al loro destino. Che i bravi sappiano le cose perchè le captano nell'aria, o per osmosi dai pori della pelle. Che un dio magico e dispettoso infili la conoscenza nella testa di qualcuno e non in quella di qualcun altro. Che si tratti di un dono.

Ma la realtà è diversa e lo ripeto: tutti sbagliamo. Quelli che sono ritenuti bravi, e anche gli altri. In maniera diversa, forse, o con frequenza diversa. Ma nessuno, nessuno è immune da errori.

Mi allargo quindi in alcune considerazioni che ritengo di pura civiltà, oltre che opportune per il business:
  • formazione prima di tutto. E' inutile riempirsi la bocca di inglesismi tipo tacit knowledge se neppure la knowledge per nulla tacit evitiamo di trasmettere. O snobbiamo. 
  • Di geni, di norma, nelle imprese non c'è bisogno; ma di gente che sappia fare quello che deve, sì. Quindi, punto primo capiamo cosa c'è da fare, e punto secondo insegnamolo a chi lo deve fare.
  • Ho fatto molto sport in vita mia, e con impegno e passione. Purtroppo quei tempi sono trascorsi; ma questa è un'altra storia. Ricordo perfettamente un allenatore che diceva, a proposito di una certa cosa complessa da assimilare (in puro toscano, scusate): 'a me mi viene. Voi, fate in modo che vi venga', e qui si esauriva il suo insegnamento. Un esempio da non imitare.
  • Nonostante la formazione, capita ugualmente di sbagliare. Ovvio che maggiore è l'esperienza e la conoscenza, minore è la frequenza e la gravità degli sbagli. Ecco perchè quelli bravi sbagliano pochissimo. Ma pochissimo non è zero.
  • Ogni volta che sbagliamo, capiamone il perchè. Si dice analizzare le cause (per gli amanti dell'inglese: root-causes analysis). Bada bene: le cause, e non la causa: di norma sono più di una. Nell'industria, in produzione, per esempio: cause tecniche e cause gestionali (insidiosissime le seconde, più esplicite le prime)
  • Un volta che abbiamo capito il perchè, spieghiamolo. Diffondiamo questa nuova conoscenza che ci è derivata dall'errore.  Perchè di questo si tratta: di capitalizzare l'esperienza, e trasmetterla ad altri, affinchè si prevenga la commissione dello stesso errore da parti di altri. 
  • La cultura deve essere quella della risoluzione dei problemi, e non quella del giudizio. Mica siamo a scuola, che ci davano i voti e se prendevi l'insufficienza facevi la parte dell'asino: qui siamo al lavoro. E l'unica cosa che ci deve interessare è che il lavoro vada avanti liscio, senza intoppi, con chi lo esegue che fa del suo meglio ed impara, dai propri come dagli altrui errori. Solo così l'azienda progredisce, consentendoci di progredire con lei
Il post è finito, andate in pace. Ma pensateci.

sabato 8 novembre 2014

Il Marketing 'Positivo'


E ne parla una che di mestiere fa tutt'altro.
Una che di Marketing, fino a poco tempo fa, ne sapeva quanto di Altissima Finanza, ovvero: niente.

Io non so se il termine Marketing 'Positivo' esiste; e francamente non mi importa. Tanto, per me è così che si chiama. E mi basta.


Si tratta di spargere semi positivi. Ovvero: supportare, aiutare. Anche in modo gratuito.
E' la filosofia del 'Givers gain': chi dà, riceve.

Ah, ma non sono San Francesco, anche se la sua figura mi piace molto: lavoro nell'industria (e anche per l'Università, ma questa è un'altra storia) e lo faccio per vivere. Quello di cui sto parlando a questo si riferisce: al "dare" nel lavoro.
Ai Clienti, a coloro con cui si entra in contatto.
Senza troppi pensieri, senza alcun retro-pensiero. Anche solo per il piacere di farlo.


Non significa affatto fare lavori su lavori gratis. Significa fare quel passo che per te è poco, mentre per colui che lo riceve è molto. Non ha costi elevati, tutt'altro; sai di cosa si tratta, vai sul sicuro. E' una semplice pillola. Non ti serve un gran tempo o spremitura di meningi, ti viene di tacco, o quasi; insomma, per te è facile, veloce.
Chi riceve, forse lo sa; ma forse no. Ma soprattutto, chi riceve ne ha bisogno, per cui se ti viene facile o meno non gli interessa, gli interessa il fatto che tu lo hai aiutato. E bene.


L'effetto del Marketing Positivo è quello di farsi conoscere nel modo migliore. Nella propria competenza, nella propria disponibilità e attenzione. E' un potente acceleratore del passa-parola, che, volenti o nolenti, resta ancora uno dei metodi migliori per trovarsi del lavoro.
Il quale inoltre, una volta trovato, necessita di consolidamento e ulteriore sviluppo. Ed ecco che il Marketing Positivo entra in gioco di nuovo, nei suoi panni migliori. Vestito a festa.

Una sola volta mi è capitato qualcuno che intendeva approfittare della situazione.
La mia personale soluzione, è stata dare meno, in modo sensibile. Far capire che si trattava di accertamenti e lavori di una certa complessità. Dirlo in modo chiaro.
Il risultato è stato un accordo per ampliare l'orizzonte delle mia attività. Ottimo quindi. Sì, ma in apparenza. Infatti, di lì a poco l'Azienda in questione ha chiuso i battenti.

Buona riflessione. 
A tutti.