mercoledì 14 gennaio 2015

IL MANAGER DAL PUGNO DI FERRO

 
 Ai miei tempi c'era Petrus. Chi se lo ricorda?
"Petrus, l'amarissimo che fa benissimo!", e giù un gran pugno da una mano di ferro. Di armatura medievale.
 
Era un Carosello. Cercando ne ho ritrovato in YouTube un esempio che è una chicca: guardatelo, ci spiega anche Carlo Magno ( https://www.youtube.com/watch?v=Yjdx-_bTgHM)

Comunque, quando giro in LinkedIn e trovo tutte quegli aforismi, frasi e slides che parlano del manager (cattivo) contro il leader (buono), a me viene in mente il pugno di ferro, e quindi Petrus. Puntuale.. BUM! Arriva la botta.

In effetti nella mia vita a contatto con le aziende, di Petrus ne ho visti parecchi; forse, di Carlo Magno meno.
   
Ma in fondo, chi se ne importa di come si comportava Carlo Magno? A memoria d'uomo, lo stile di leadership di Carlo Magno non è mai stato utilizzato nei corsi di formazione per giovani manager; e nemmeno in quelli per giovani consulenti (ammesso che esistano).
Ma forse bisognerebbe ripensarci. Scava scava, magari si trova anche lì qualche spunto brillante per tener sveglie le platee sonnolente o annoiate, oppure per creare un nuovo mito visto che il Patron della Virgin (sir Richard Branson) e Steve Jobs stanno diventando un po' scontati.

Di Carlo Magno, era grassa se i libri di scuola ti elencavano le battaglie o se ti dicevano del regno dei Franchi ed Aquisgrana. Tutto appariva così lontano. E poi, a noi monellacci interessava più che altro suo padre Pipino il Breve (con un nome così), se proprio non riuscivamo ad evitare del tutto l'argomento.

Anche adesso, grande e grossa che sono, mi pare che le cose stiano messe allo stesso modo. Carlo Magno e i Franchi, con Aquisgrana e Pipino al seguito, non se li fila nessuno. Petrus invece la fa da padrone. Ancora.
O meglio: la fa da padrone il suo pugno di ferro.
E qui torniamo al manager (cattivo), che a forza di botte sui tavoli (BUM!) porta avanti le cose, contrapposto al leader (buono) che le cose le porta avanti - e bene - in modo del tutto diverso (civile, umano, ed efficace soprattutto).
  
Io voglio uscire da questo dualismo manager/leader, sui cui fondamenti teorici altri sono più preparati di me, e dire una cosa semplice, banale: di pugni di ferro si può fare anche a meno.
Mica si comanda così.
Mica si motiva, sensibilizza, in una parola 'si porta a bordo' la gente così.


Io questo ho visto, e ancora vedo, nella mia vita di tutti i giorni a contatto con le persone, le fabbriche, le officine e i loro bei problemi di produttività, efficienza, qualità: molti pugni di ferro (Petrus), poca collaborazione.
Ma i pugni di ferro generano reazioni scomposte e sterili.
Per esempio, chiacchiericci e maldicenze verso i capi, unica difesa da parte di coloro che dal pugno di ferro sono colpiti, e non trovano altre armi. Chiacchiericci e maldicenze che rimangono lì, in basso, montando come la panna fino a trasformarsi in leggende metropolitan-industriali. Sistematicamente smentite dai fatti, oppure del tutto inutili. Ma tanto, tanto efficaci come valvola di sfogo.



Per esempio, arroccamento. O paura. Davanti al pugno di ferro c'è chi dice di sì a prescindere, annullando ogni spirito critico, creativo o partecipativo, con l'unico intento di evitare problemi o ulteriori pugni. Ma c'è anche chi resiste ad oltranza. Chi si mette di traverso. Chi magari si butta malato pur di non fare.
 
Dopo anni e anni in Azienda, soprattutto come 'interna' ma anche come consulente, ho imparato che gestire le persone è davvero una delle sfide più difficili.
Qualunque sia l'approccio scelto, ci sarà sempre una qualche difficoltà e molta, molta energia da spendere. Ma ci sono dei presupposti di buon senso che non bisogna trascurare e una cosa è certa: il pugno di ferro non è uno di questi. Non come stile di leadership tout-court, a 360°.

D'altra parte, ognuno ha la sua storia e la sua sensibilità. E anche la sua suscettibilità.
Che gli restano incollate addosso nell'open space davanti al PC, o mentre controlla i pezzi, o durante l'assemblaggio, e guidano sotto sotto le sue azioni a dispetto dei corsi di formazione cui viene spedito, e delle letture manageriali che gli vengono consigliate. E anche delle lunghe salite domenicali in mountan-bike per mantenersi allenato e smaltire lo stress.
Non c'è niente da fare, l'essere umano resta il punto centrale.
E che questa sia la chiave, se si è un capo (manager o leader che dir si voglia), non si può non essere coscienti.