domenica 23 marzo 2014

Sotto il tappeto? No, dietro la porta





     Mi è capitato di recente di parlare con una Società di Servizi mia Cliente riguardo i reali vantaggi dell’applicazione della Lean Enterprise. 
     - Non so che cosa hanno in testa certi imprenditori – mi diceva uno dei soci – quando iniziano un percorso Lean. Di fatto, puliscono un’area e ne sporcano un’altra. 
     - In che senso? – ho chiesto, allarmandomi un attimo 
     - Minimizzano le scorte all’interno dei reparti produttivi, che risultano puliti, asettici, fluidificati. E’ chiaramente visibile. Ma al di fuori, regna il solito caos: magazzini stracolmi, disordinati. Il MUDA ‘Inventory’ ingrassa.  
     - Be’, non mi sembra colpa del fatto che abbiano applicato la Lean. Piuttosto, è che ne hanno applicato solo una parte. Il più e il meglio, legato al rapporto con i Clienti e con i Fornitori, non è stato toccato.
     - Vero – ha convenuto il Cliente – e Dio sa quanto bisogno ce ne sarebbe, invece.




     Proseguendo nella discussione, ho poi capito qual era il reale nocciolo della questione. Non tanto la Lean in sé, quanto il fatto che da quella parola magica ci si aspetta un po’ di tutto, come fosse una panacea. Per esempio, ci si aspetta che i Fornitori, in uno schioccar di dita, diventino Lean: ovvero, che la qualità di quanto forniscono sia quella richiesta, e che quella qualità venga fornita in tempo, esattamente nella quantità ordinata. E ci si irrita pure, se non lo sono. Come a dire: noi lo abbiamo fatto, e voi che aspettate?  
    -  Il punto – diceva quel socio – sta nei lotti di fornitura. Ne esamini un campione in accettazione, e trovi che qualcosa non va. Allora li metti da parte, e poi chiami il Fornitore e glielo dici, e con quello a discutere se se li riprende, se invece te li tieni tu, eccetera eccetera 
     - E i lotti magari sono grandi, vero? 
     - Come no: centinaia, migliaia di pezzi  
    - Il chè non aiuta  
    - Per niente.



Il Fornitore consegna secondo accordi con il Cliente, e lì sta il succo della questione. E’ il Cliente che educa il Fornitore, ormai è chiaro. Se a lavorare bene, o a lavorare male, dipende. Dalle scelte e dalle occasioni di ambedue.



Ma che cosa ha a che fare tutto questo con la Lean?

Niente.

O meglio: tutto questo ha a che fare con la selezione dei Fornitori, con il loro monitoraggio e con la loro continua ottimizzazione; che adesso impone una riflessione anche sulla loro condizione di Aziende Lean.

C’è stato un tempo in cui le grandi Aziende hanno scelto di lavorare sui (o con i) Fornitori per far arrivare la loro Qualità a un livello accettabile, e poi ottimale. Alcune hanno fatto il primo passo, altre poi hanno seguito. Adesso, a distanza di anni e anni, i risultati si vedono. Anche se il livello non è uniforme, e non in molti casi da noi si può parlare di eccellenza.

La prossima frontiera, già praticata altrove (qui poco), sarà lavorare con Fornitori Lean. A costi ragionevoli, con un livello di qualità ottimale, secondo un modello logistico fluido, puntuale e specifico. Lo squeezing del Fornitore non sarà più sostenibile, già adesso c’è ben poco da strizzare; ma sostenibili dovranno essere le performance attese dal Cliente in termini di prezzo, qualità e puntualità/flessibilità. Ed è qui che entra in gioco la Lean.

Nel migliore dei casi, i Supplier Developers (evoluzione degli storici SQA o SQE) si concentreranno sul supportare e condurre i Fornitori verso l’applicazione della Lean; nel worst scenario, i Fornitori non lean saranno semplicemente eliminati.

La direzione è tracciata. E il mercato rema con forza.



A me, non rimane che sottolineare un punto: cosa vuol dire ‘Fornitore Lean’?

Vivaddio, non esiste, uno standard a cui riferirsi per giudicare ON/OFF se una certa Azienda è diventata Lean, né esistono certificazioni di sorta. In virtù del Continuous Improvement o del Kaizen, che per definizione non si legano a un traguardo, non esiste una meta, un punto di arrivo raggiunto il quale un’Azienda – e un Fornitore – possono ritenersi Lean e magari ottenere un bollino.

Un Fornitore, a mio giudizio, è tanto più lean quanto più efficientemente e sanamente riesce a garantire al Cliente le performance richieste; quanto più, quindi, prospera e cresce insieme al proprio Cliente; e quanto più, inoltre, tende a migliorare con continuità, sempre, spingendo i propri sforzi nella direzione di portargli vantaggi e opportunità ulteriori. La chiave sta nell’averne ben chiare le necessità, che sono poste direttamente al centro.

Il Futuro? Di certo; ma anche il presente.

Conviene prepararsi: non si scappa.

sabato 15 marzo 2014

Io guido da sola (vol.2)



Ricordate che cosa dicevamo qualche mese fa, in Novembre, con l'occasione del Salone dell'Auto di Tokio? No?
Della Mercedes, dicevamo, che lo scorso Agosto ha festeggiato i 150 anni del primo "viaggio" in auto (fatto da Bertha Benz) con la prima "auto che si guida da sola". Se avete voglia, andate a rileggervi il post (http://sandrazanobini.blogspot.it/2013/11/io-guido-da-sola-cavallo-parte.html ).

Bene, adesso è un fatto che la tendenza stia prendendo piede: e se è vero che non abbiamo l'onere della prova, essendo la questione un po' sotto gli occhi di tutti, tuttavia citiamo a riprova ancora un salone dell'Auto, quello di Ginevra (appena concluso). E la "XChangE", l'auto a guida autonoma del futuro che vi è stata presentata dalla Rinspeed.

 Ma prima di addentrarci nel caso specifico, guardiamo un po' di chi stiamo parlando.


Rinspeed è un qualcosa che balza agli occhi. Un Laboratorio di innovazione automobilistica che propone Concept avveniristici studiati con partners di massimo rispetto. Andate al sito web (www.rinspeed.eu) e ve ne toglierete la voglia. Nella home page, con una dichiarazione di intenti più che esplicita la Rinspeed si definisce un creative think-tank and mobility Lab for the Automotive Industry.Where the future is reality - today; seguono una serie di statements ispiratori di Ghandi, John Lennon e Walt Disney puntati direttamente al cuore di chi legge. Mr.Rinderknecht, il fondatore e CEO, ha le idee molto chiare e la passione necessaria a svilupparle, evidentemente.
Foto e video riassumono il lavoro fatto nei 36 anni di vita della Società, e vi assicuro che è un piacere soffermarcisi pur brevemente. A me si sono riempiti gli occhi di meraviglia.

Ogni anno, Rinspeed presenta un proprio Concept al Salone di Ginevra. Giusto come esempio, guardatevi la proposta del lontano 2008: la "sQuba" (http://www.youtube.com/watch?v=6E4q7p6R3Og), l'auto che diventa subacquea. La prima al mondo.
Intendiamoci: non un sottomarino. I film di James Bond, il da molti amato agente 007 cui pure il Concept è ispirato, stanno ancora ben lontani: qui, si va sott'acqua non a tenuta stagna, ma lasciando che l'acqua entri liberamente nell'abitacolo. La tenuta stagna avrebbe comportato un aumento di peso del veicolo di circa 2 ton, che è quanto necessario a farlo restare giù, ovvero a contrastare la spinta in alto della bolla d'aria che resta imprigionata nell'abitacolo; qualcosa di insostenibile. In sostanza, l'auto manca di tettino e quindi, standovi dentro ci si bagna: poco male. Da parte del guidatore e passeggero (è una biposto), bisogna avere l'accortezza di indossare le maschere e collegarsi all'ossigeno disponibile in bombole nell'auto stessa; il resto viene da solo. L'auto ha due eliche che ne consentono il movimento in acqua, ciascuna alimentata da un motore dedicato; la sua guida su strada - o almeno, fuori dall'acqua - è consentita da un ulteriore motore separato.
 


Cose un po' da fantascienza: da film, appunto.

Ma torniamo alla "XchangE".
Quello che balza agli occhi. è l'elevatissimo contenuto tecnologico, ma non bisogna farsi trarre in inganno. In realtò l'auto, pensata sulla base della "Tesla S", ne evolve mettendo l'uomo al centro: la tecnologia è funzionale allo scopo, e non l'obiettivo di per sè. La domanda chiave che Rinderknecht si è posto, cavalcando la certezza che l'auto che si guida da sola sarà a breve sul mercato, è: come deve essere progettato l'interno del veicolo, per far sì che il guidatore. non più impegnato alla guida, faccia un ottimo uso del tempo guadagnato?
La risposta è nel Concept XchangE.
L'interno è innanzitutto confortevole come un salotto di classe extra-lusso; e deriva in qualche modo dalla business class degli aeromobili. I sedili, sviluppati da un'azienda che si occupa anche di medicale (poltrone dentistiche), consentono una ventina di posizionamenti, nella più ampia flessibilità e comodità. L'auto può essere guidata da una persona, oppure "guidare da sola"; il volante si sposta di conseguenza. Gli occupanti hanno davvero il massimo del comfort negli strumenti a loro disposizione per sfruttare il tempo del viaggio, ed è qui che la tecnologia di cui sopra la fa da padrona: puoi ruotare i sedili a formare un salotto, puoi sdraiarti e riposare, spippolare su una qualche tastiera per lavorare o socializzare, guardarti un film. Tanto, a scanso di equivoci e per ogni evenienza, c'è un sistema di back-up per la sicurezza (non fosse mai che un qualche computer di bordo perde la connessione o i dati, e ci sbatte contro un platano - vedi "Film Blu" di Kieslowski, per esempio).



La riflessione che resta, almeno da parte mia, è sul prezzo di vendita: quanto costerà mai questo prodigio, una volta che sarà pronto per il mercato? Le soluzioni adottate sono tanto sofisticate che in pochi, con questi chiari di luna, se la potrenno permettere. La speranza è che, risollevamento del mercato a parte, la corsa simultanea che molte case automobilistiche stanno facendo per arrivare all'appuntamento del 2020 con un'auto che si guida da sola, renda le soluzioni adottate abbordabili per il normale utente.
Altrimenti, il frutto sperato non verrà colto.
E gli sforzi fatti si riveleranno vani. Per tutti.

(NB: io ho anche il problema del mal d'auto, nonostante sia su una media di 50-60mila Km/anno di guida; ma si sa, quando si guida non si soffre, o si soffre solo un po'. E mi chiedo quindi come farei, come farò ad utilizzare quest'auto, o un'altra, ruotando il sedile per formare il salotto, se in treno - il mezzo più innocuo che ci sia, sempre in rettilineo - devo scegliere i posti in direzione di marcia. Che il problema sia solo mio? Mah)





martedì 4 marzo 2014

Evitate di chiamarla "Qualità"



Signori, facciamocene una ragione:  l'abbiamo persa.
E' successo: la Qualità è morta.
Soccombendo alle ferite riportate. Sotto i colpi delle pratiche inconsistenti protratte nel tempo.Delle belle parole contenute in documenti senza sostanza, del dire incoerente cui non segue un fare adeguato, del raccontarsela.

Si tratta della cattiva abitudine di fare "B" e spacciarlo per "A"; laddove "A" sarebbe la cosa seria, e "B" il suo vuoto eppur scintillante simulacro ( la "sòla", come direbbero gli amici romani)
Per la Qualità, limacciosi oceani di "B" hanno allagato i cristallini e freschi laghi di "A".
"A" è quindi andato a soccombere, e "B" ha vinto.
Cosicchè chi pensa alla Qualità, pensa a "B". Convinto che sia "A". Arrivando di conseguenza a dire che "A" è una bufala, una bolla che si sgonfia, qualcosa che non serve a nulla.

Con buona pace di ogni best practice e dei risultati ottenuti (da altri).




Le conseguenze dell'aver sdoganato "B" come fosse "A" sono sotto gli occhi di tutti. Evidenti. Basta guardarsi intorno, basta chiedere ed ascoltare.
Ne scaturiscono interessanti, inquietanti conversazioni.
"La Qualità non si vende. Non parlo di prodotti o servizi di qualità: parlo di Consulenza in merito alla Qualità. E' superata. Non serve".
Questo mi dice un buonissimo contatto che ho avuto la fortuna di conoscere di recente. E con le spalle quadrate: con una solida conoscenza del mercato.
Per Qualità, lui intende le certificazioni di sistema (ISO e simili).
Il problema non è che così la intenda lui: il problema è che così la intende il mercato. Lui è del tutto allineato.



"Però si vende l'efficientamento dei processi produttivi", continua il mio buonissimo contatto.
Ottimo, mi dico. Non tutto è perduto.
Poi però guardo meglio. E tra i sistemi di efficientamento, oltre alla Lean e al WCM, scorgo pure il Six Sigma.
"Sì, magari è un oggettino per amatori, un qualcosa di nicchia: ma vende. Come vende la FMEA, e tutto il kit Automotive dell'APQP o PPAP e pure il Design For Six Sigma (DFSS) ", prosegue.
Lo guardo. E mi scappa da ridere: tutte cose - guarda un po' - che altro non sono che Qualità. Ma lo sa, lui? E il mercato, lo sa?

"Sia come sia, dammi retta: se parli di Qualità non vendi. Per cui devi cambiare le parole e dire APQP, PPAP, DFSS eccetera, se non vuoi farti del male".
Il mio contatto ha ragione (essendo buonissimo). Occorre evitare il termine Qualità come la peste.
Ricevo il messaggio e istantaneamente mi adeguo.
La sua, è un'impagabile lezione di marketing.


Il mio buonissimo contatto mi saluta, e io resto a ragionare da sola.

Tra i sistemi di efficientamento dei processi  più in voga, e più efficaci, c'è la Lean. Translitterazione americana del Toyota Production System (TPS). Che guarda caso contiene un pilastro Qualità; tenuto un po' in disparte, in realtà, dai Lean Pratictioners.
Meriterebbe una maggiore considerazione, io credo.
Comunque, il nome con cui viene indicato è "Jidoka"; come è giusto, avendolo così battezzato i Giapponesi creatori. Fedeltà all'origine, alla base della decisione di mantenere il nome originale? Può darsi; ma anche, allo stato dei fatti, una saggia manovra velatamente anti-jella. Evitiamo, per cortesia, di contaminarlo con il termine Qualità. Non fosse mai che con lui pure la Lean vada dritta nel calderone funesto in cui sobbollono le ISO con tutte le loro carte.
E pensare che..
... gli "audit" nascono dal concetto Lean del 'sustain' (pur con le loro deviazioni burocratiche).
..  l'A3 , salutato come salvifico ed innovatore, è identico al QIP della Toyota, e sintetizzabile nell'8D, noto da secoli e da secoli in uso, seppure troppo spesso  in forma bistrattata e fraintesa.
In sostanza: tutte cose che hanno a che fare con la Qualità.
Ancora. E dàgli.



Ma la Lean, che cos'è?
Per molti, un'inesorabile metodologia, semplice quanto potente; un viaggio da iniziare e non finire mai, con piacevoli frutti da cogliere dietro ogni angolo.
Per qualcuno invece (sono spiacente), l'applicazione dei Tempi e Metodi ad organizzazioni non organizzate; con qualche coda di programmazione della produzione a ridurre le giacenze. Il bisticcio di parole è voluto: da far fare al consulente in officina, a qualche macchina o qualche flusso; e quando ha terminato, per il resto torniamo a fare come prima. Anzi, chiamiamo qualcuno a sistemarci il Magazzino, che quello ha pulito di qua e sporcato di là (la polvere sotto il tappeto).
Già aleggiano i primi commenti: vabbè, aiuta a tagliare i costi (!), questo sì; ma francamente mi aspettavo di più. 
Un altro "B" che viene spacciato per "A".



Poi, l'apoteosi nella crasi: il Lean Six Sigma (LSS). Uno spettacolo di combinazione i cui angeli sono le multicolori Belt mutuati dal Six Sigma "puro".  L'unione del lavoro meticoloso e costante, inesorabile della Lean Transformation con l'attitudine al Blitz del Six Sigma, in una sinergia curiosamente energetica, rivitalizzante eppure pragmatica. Efficace, straniante. In letteratura, dirompente.
E però quando c'è da fermare una macchina, non si sa cosa fare. Come fare. Chi decide. Cosa decidere. Qualcuno reclama che il problema sono le ISO. L'officina. La Direzione o la Manutenzione. La Qualità (l'ufficio Qualità, il controllo Qualità).
E così, mentre le Belt si scavano i processi di officina con la potenza di tanti piccoli panzer, chi conduce le attività di tutti i giorni e dai progetti delle Belt non è toccato, resta con la patata bollente in mano. E va d'imbracciatura. Come gli riesce. Come i capi gli consentono. Come ha sempre fatto.
In barba al suddetto Jidoka (che sarebbe Lean, a ben vedere)



E girando intorno, girando in tondo, scoviamo infine l'Assicurazione Qualità; non il Controllo Qualità, nè la Qualità Prodotto nè tanto meno la Qualità Fornitori. Un'Entità diversa, più nobile.
Che - impariamo - sta ai piani alti, come minimo sopraelevati. Prende i dati (alcuni), e prepara dei report periodici che diffonde in maniera riservata. Detta le leggi tramite manuali e procedure che esibisce agli organismi di certificazione, dei quali è l'interlocutore naturale. Sono suoi il Sistema Qualità e in primis il Riesame della Direzione, che permette il contatto diretto con coloro che schiacciano i bottoni. Un privilegio cui altri addetti con la "Q" non possono aspirare.Ma non è mica colpa sua. Vai a vedere bene, e i suoi privilegi non sono decisione di nessuno. Sono un puro dato di fatto e that's it.
Ma questo rileviamo, da qui, dall'altezza della sedia : la dispersione. La distanza, la frammentazione. L'ineluttabilità della mancanza di efficacia, da parte di una Qualità vivisezionata, polverizzata. Spesso ancora vissuta come "celerina" (poliziotta, pure un po' pedante)



E quindi torniamo al punto di partenza: qualunque cosa la Qualità sia stata, adesso è morta.
Pace all'anima sua.
Conviene adeguarsi al mercato, ed inventare nuovi modi creativi di interagire con le sue tematiche.
Evitando di chiamarla Qualità.