domenica 9 febbraio 2014

I controlli sono uno spreco




Il buono di avere dei clienti (a parte il fatto di viverci, grazie a loro), è che ti forza a riflettere, a restare in tiro sui concetti e ad allenarti per trasmetterli con chiarezza.
Così quando, una mattina come tante, ti arriva tra capo e collo un’osservazione come questa:

- D’altra parte, i controlli sono uno spreco. Un “waste”

come fosse la cosa più scontata del mondo, tu, il destinatario di quell’osservazione, vieni chiamato in causa. Potresti far finta di non aver sentito, potresti improvvisamente deviare il discorso sulle bizzarrie del tempo; ma invece resti lì: non puoi lasciar correre, non puoi non intervenire.
I controlli sono un “waste”, dice il cliente. Sento che ha bisogno di una conferma, o che desidera un confronto. Sono pronta. Quindi chiedo delucidazioni.

- Ogni controllo è uno spreco di tempo, un costo – mi viene precisato - e se si devono eliminare gli sprechi, si devono eliminare anche i controlli

Per come è posta la questione, l’idea dell’eliminazione dei controlli è svincolata da ogni altra valutazione. Pericoloso.

- A cosa servono, secondo lei, i controlli? - rimando
- A intercettare il materiale “che non va bene”
- Ritiene che intercettare il materiale ”che non va bene” sia utile?
- Sì. Ci evitiamo problemi grossi con i clienti.

Primo punto a mio favore. Primo paletto fissato, ribadito, chiarito. I controlli e la loro utilità sono stati ricondivisi.

- Però a volte, purtroppo – riprende il cliente - dobbiamo fare i salti mortali per consegnare in tempo.
- E se eliminasse i suoi controlli?
- Certamente consegnerei in tempo. Più di frequente, volevo dire, sarei in grado di consegnare in tempo
- Magari consegnerebbe materiale “che non va bene”
- Certamente sì. Qualche volta, però. Non sempre.
- Varrebbe la pena di rischiare?

Pausa

- Forse no. No, credo di no.

Secondo punto a mio favore. Rischiare di consegnare materiale “che non va bene” non piace al mio cliente. Non per nulla, è una buona Azienda.

- Quindi non posso eliminare i controlli? – chiede – Allora non è vero che sono un “waste”; oppure, sono un “waste” necessario
- Può eliminarli, come no; ma una volta che li ha resi non necessari
- E come faccio a renderli non necessari?
- Qui sta il punto. Anzi, il punto sta ancora prima: che cos'è un "controllo"?

Nella ‘mass production’, il modello industriale occidentale che a lungo abbiamo seguito, di derivazione Fordista, e che adesso si confronta con il modello orientale del TPS (o della translitterata Lean), il “controllo” è un’azione a consuntivo. E’ legato al concetto di ‘batch & queue’, ovvero ‘lotti e code’, che deriva dall’idea di massimizzare l’uso delle macchine producendo grandi lotti; ognuno dei quali, una volta prodotto, sarà appunto “controllato”, attività tramite la quale si discriminerà ciò che è “buono” da ciò che non lo è. In questa ottica, il modello orientale TPS o Lean considera il controllo è uno “spreco”: perchè interviene a cose fatte. A babbo morto. Quando i buoi sono scappati. Buoi ai quali peraltro, per trasformali da teneri vitellini a bestioni potenti, abbiamo aggiunto già valore.

- Se le cose stanno così – interviene il cliente, persona con la testa sulle spalle – io quel “waste” lì dei controlli non sono in grado di eliminarlo. Per poter non controllare, dovrei essere sicuro a prescindere che il materiale “va bene”
- Diciamo che dovrebbe esserne “statisticamente” sicuro. Preventivamente sicuro

Ci siamo arrivati: la prevenzione è la chiave. Il dominio e governo del processo (cioè dei suoi ‘fattori’) e l’implementazione di sistemi a prova di errore (vedi Poka Yoke), sono le logiche grazie alle quali otteniamo la ragionevole certezza che l’output è conforme. Non si tratta di qualcosa di automatico: è necessario impegno affinchè si arrivi a questo grado di fiducia. Sono necessarie attività sistematiche e continue, applicate e sostenute.
Il miglioramento continuo è la chiave. Che spinge sulla performance e include la puntuale, immediata risoluzione nel caso si verifichino nuovi problemi. Perché qui sta un altro punto importante: il fatto che ogni problema deve essere risolto alla radice, e deve costituire base di apprendimento affinchè non si verifichi mai più. Se facciamo questo con sistematicità, la probabilità che nuovi problemi si verifichino diminuisce, come diminuisce la loro gravità ed estensione nel tempo.

- Quindi – il cliente tira le fila del discorso – per eliminare il “waste” del controllo, avrei da lavorare. Eliminerei un costo, ma per arrivare a farlo dovrei farmi carico di altri costi. Chissà, magari maggiori.
- E’ una questione di capire come vuol spendere i suoi soldi, se vogliamo. Mettiamo che stanzia per la qualità una somma "X". Una cosa è utilizzarla per investire in una futura riduzione di problemi, agendo sulla prevenzione e sul miglioramento continuo, e un’altra cosa è considerare lo stanziamento "X" una tassa ‘fissa’ da cui non si può prescindere. Nel primo caso, investe in qualità: nel tempo, man mano che i processi migliorano, lo stanziamento diminuirà e le performance qualitative invece aumenteranno.Nel ciclo virtuoso, arriverà ad eliminare i "controlli". O almeno, a minimizzarli
- Nel secondo – continua il cliente – non ho neppure la certezza che la tassa sia ‘fissa’, mi pare. Mi dica se sbaglio. Se non faccio niente perchè i problemi qualità diminuiscano, chi lo sa di quanti controlli avrò bisogno tra un anno o due. Magari le cose peggioreranno, e dovrò intensificarli. Mettendo mano al portafoglio in modo più pesante.
- Esatto. Non sbaglia.

Il buono di avere dei clienti (a parte il fatto di viverci, grazie a loro), è che capita di parlare con persone intelligenti. Che hanno a cuore la salute della loro azienda e la sua prosperità, oltre alla pesantezza del loro portafoglio. Che capiscono al volo. Con clienti come questi , al di là di tutto, è un piacere lavorare.

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