martedì 18 febbraio 2014

A volte ritornano (o non se ne sono mai andati?)


Molti anni fa, i primi tempi che, ragazzetta timida con le trecce (si fa per dire), mi affacciavo al mondo del lavoro, vedevo i "vecchi", gli esperti, disquisire di concetti a me ignoti, che percepivo alti, distanti, siderali per la mia esperienza, e mi incantavo ad ascoltarli, sicura che un giorno anch'io avrei potuto dire la mia in proposito.
Un giorno lontano, certo; ma un giorno possibile.
Bastava solo che mi dedicassi ad approfondire.
Bastava che avessi la pazienza di accumulare la loro esperienza, e di maturare bene, come l'uva, sotto il sole rassicurante del lavoro e dello studio ben fatto.
Il resto sarebbe venuto da solo; inevitabilmente.

Sole e pioggia ho visto, da allora; e fulmini, e grandine. Persino neve e ghiaccio, io che avevo sempre le mani gelate.

Adesso, sento di nuovo le stesse disquisizioni. Le stesse dotte argomentazioni su argomenti alti, siderali; ma non più a me tanto sconosciuti.
Argomenti, direi, adesso a me ben noti; masticati, digeriti.
E capisco che tanto parlarne, e discettarne, nasconde in realtà un fatto reale, e vero, e niente affatto rassicurante: per chi ne fa oggetto di dotte argomentazioni, restano argomenti ignoti.
Li ho ascoltati; li ho letti. Non c'è dubbio.
Quelli, che tanto tempo spendono a sviscerare, ed obiettare, e a rimestare la zuppa nella propria pentola senza che mai si cuocia, senza che mai sia pronta, aggiungendo un ingrediente, e poi ancora un pochino di sale, senza che mai qualcuno - finalmente! - la mangi, o solo l'assaggi... delle due l'una:
  • se la raccontano (e possono permetterselo): a furia di disquisire il tempo passa, i mesi pure, lo stipendio arriva puntuale e quindi perchè darsi fretta? C'è tutto il tempo di approfondire, bisogna essere sicuri di quel che viene fuori, e che cavolo, siamo professionisti! Sarebbe forse da dire: beati loro? Non so.
  • ce la raccontano (ancora per poco però): la questione è difficile, eh, occorre riflettere bene, ponderare, parlarne con i colleghi (ma di un certo rango però), andare ai convegni specializzati. Controllare e ricontrollare. Chiedere una consulenza mirata. E il boss aspetta, freme; e il mercato intanto si indirizza altrove, lasciandoti lì ad elucubrare (loro e il loro boss). In barba al paradigma dei tempi nostri, molto Lean e molto attuale: grezzo e veloce.

Di cosa parlo? Faccio un breve elenco dei top-items che ho visto, vedo, trattare in questo modo (ovvero: prolissamente, senza frutto alcuno, e però dispendiosamente, a giudicare dal tempo speso o perso a parlarne):
  • FMEA, valutazione del rischio in tutte le sue forme (davvero, in pochi sanno che cos'è; e dire che basterebbe leggere i buoni volumi che circolano da anni!)
  • che fare quando un articolo/un lotto di fornitura ha dei problemi qualità, che fare quando una macchina di produzione fa pezzi difettosi (si tira in ballo il sistema qualità, le ISO)
  • come comunicare i "requirements" ai fornitori (pezzi campioni invece di specifiche, in barba ad ogni concetto di tolleranza: vale solo quella del pezzo campione? Spesso applicato nel caso di dentature da accoppiare)
  • cambiare le responsabilità per il SPC e le Capability, stravolgerne il senso (le fa il cliente sul materiale di fornitura, e poi inchioda il fornitore dicendogli: "ti ho beccato! E allora, che mi dici adesso?")
  • persone, collaboratori "intelligenti" o che "non capiscono un tubo" (senza la minima preoccupazione per un minimo di training: chi non sa non sa e basta, è colpa sua)
  • Molto attuale: i controlli sono uno spreco (conclusione del ragionamento: eliminiamoli!)
  • ..... etc


Meditiamo gente, meditiamo...




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