domenica 13 ottobre 2013

Accanimento terapeutico (sul prodotto)


Il prodotto che vendiamo è il nostro biglietto da visita.
E' noi stessi: quello che riusciamo a fare, la summa delle nostre competenze. Al di là di ogni leva di marketing che utilizziamo, compresa l'eventuale presa emotiva che riusciamo a fare, è innanzitutto - e logicamente - il prodotto che parla di noi.
Eppure, non sempre questo concetto è così chiaro. Oppure: è chiaro nelle intenzioni, e meno nei fatti.

Iniziando dalla famosissima, strombazzata Customer Satisfaction, alzi la mano chi sente di aver fatto tutto,ma proprio tutto quello che era in suo potere per centrare il prodotto sulle esigenze del cliente; di averlo fatto con un'analisi seria e oggettiva di quello che il cliente (o il segmento/mercato di riferimento) esplicitamente richiede e implicitamente desidera senza quasi accorgersene; di averlo fatto traducendo uno per uno tutti i punti chiave ricavati come sopra, in elementi fisici costitutivi del prodotto stesso, o del suo sistema di contorno (imballaggi, per esempio). Alzi la mano chi lo fa sistematicamente.
Intendiamoci: sono sicura che c'è chi lo fa, e bene. So anche che farlo è tutt'altro che facile, e che capire cosa davvero il cliente/mercato eccetera richiede è attività delicata che implica allocazione di risorse e tempo. Ma il punto non è da poco. E il gioco vale la candela.

Poi, c'è il passo successivo: anche lui non da poco, tosto. Far sì che il prodotto venga fuori esattamente come lo vogliamo, e che sia pronto per quando il cliente lo vuole. Se davvero abbiamo capito che cosa davvero il cliente valorizza, e vuole, ed è disposto a pagare; se sappiamo dove andare ed abbiamo capito anche come andarci per arrivare in orario, allora facciamolo. E assicuriamoci strada facendo che è proprio lì che stiamo andando, e non altrove. Magari ci prende la voglia di deviare, imbocchiamo una scorciatoia che porta vicino (facciamo prima!): ma vicino non è uguale, per un prodotto vicino il cliente/mercato non è disposto a pagare, gli manca quel quid che tanto gli piaceva, non è proprio la stessa cosa.
Quindi: pianifichiamo il percorso. Controlliamo che stiamo andando al punto e non in un altro, cronometro alla mano. Passo per passo.

Banale, eh?
Non proprio. A dirsi, ma non a farsi. Le scorciatoie sono all'ordine del giorno.
Perchè non abbiamo ben compreso il prodotto che il cliente/mercato vuole, e quindi interpretiamo, modificando prestazioni e funzionalità strada facendo verso versioni più sostenibili.
Perchè la stretta è - nelle aziende - sul tempo e sui costi, e in nome di ciò all'occhio interno dell'azienda pare giusto sacrificare qualcosa dell'essenza e della conformità del prodotto stesso a quanto ci si era riproposti (o meglio, a quanto il cliente/mercato avrebbe desiderato). In qualche modo, una rivisitazione in chiave moderna e industriale del vecchio detto 'apparire, non essere'. Come poi il cliente/mercato la prenderà, appare al momento meno importante. Chissà perchè.

E il povero prodotto?
Diventa un cruccio. Mannaggia, si vende poco, meno di quanto avevamo previsto. Ma stai a vedere che questi Commerciali, questi fighetti del marketing l'hanno sparata grossa. Eh, sempre così: a loro i proclami, a noi la dura realtà di  progettare e fabbricare. Con tutto lo sforzo che abbiamo fatto. Ci venissero loro, qui, a vedere com'è.
Diventa un assillo.
Senti, che facciamo, rivediamo un po' com'è fatto, questo oggetto qui? Magari con due mosse riusciamo a fargli fare X (durare di più, consumare di meno, essere esteticamente più gradevole) come avevamo detto all'inizio; come fai a dire di no subito? Provaci, almeno. Dopo, dopo lo vediamo quanto costa. Sì, lo so, siamo tutti molto impegnati, le risorse sono poche per tutti. Ma intanto proviamoci. Una soluzione facile, pratica, immediata. Ho capito: se c'era, questa soluzione, l'avevamo già attuata. Ma proviamoci. E i costi di sviluppo così lievitano (senza che nessuno li contabilizzi).
Oppure: colpa della produzione. L'avevo detto io che doveva essere ben lucido, l'oggetto: guarda tu come te lo fanno, quei disgraziati. Sfido io che non lo compra, il cliente - è lui il fighetto, gli piace ben lucido. A disegno io ce l'ho scritto: ben lucido. Abbiamo fatto fare fuori un campione e glielo abbiamo consegnato: voglio dire, più di così.. E la produzione: noi ben lucido come dite voi non ce la facciamo a farlo. I nostri impianti non sono progettati per farlo così. O meglio, ce la facciamo, ma facendo un sacco di scarti, e riprese, e con costi che non ci possiamo permettere, non ci stiamo dentro. Gli Acquisti: abbiamo provato a chiedere fuori, ma nessuno ce lo sa fare, ben lucido come volete voi!  O meglio, ce lo fanno, ma abbiamo trovato un fornitore a 300 km, che ha il suo lead time, e inoltre costa un botto, non ci stiamo dentro. E la qualità: chiariamo cosa vuol dire ben lucido, quanto davvero lucido deve essere, per risultare conformemente ben lucido? Morale, alla fine: va bene, ho capito, continuiamo a farlo in casa, e controlliamolo al 100%, e scartiamo tutto quello che non va bene; e tra quello che scartiamo, facciamo poi un'ulteriore cernita per vedere che cosa possiamo salvare, come dire, guardiamo che cosa è brutto brutto, che cosa è solo bruttino e in qualche modo possiamo farlo digerire al cliente, quante storie; lo farà la qualità, accidenti, è il loro mestiere, lo sapranno loro che vuol dire ben lucido, no?
Diventa un accanimento terapeutico sul prodotto:  di concezione e sviluppo (tentare soluzioni postume, riprogettare) e di produzione (re-industrializzare se possibile - spesso non lo è; oppure controlli su controlli, con effetti nefasti sui costi, sui tempi, sulla puntualità di consegna e sull'efficienza). Cose che tutti noi un giorno o l'altro, nella vita industriale, abbiamo sperimentato.

Ma il prodotto, signori, il prodotto non è un'entità a sè stante che si materializza come un fantasma di colpo, mandato da chissà chi e chissà perchè; non è un qualcosa che sorge dal nulla e indipendentemente dalla nostra volontà. Il prodotto è figlio di un processo. Anzi, di due processi:

  • per la sua concezione: del processo di sviluppo prodotto e processo produttivo (bada bene, messi insieme, parzialmente e virtuosamente sovrapposti)
  • per la sua realizzazione: del processo produttivo stesso (che deve essere condotto come pianificato,e gestito)

Ben eseguendo i due processi di cui sopra, otterremo il prodotto che ci vuole.
L'attenzione deve essere sul processo di cui il prodotto è figlio, gli effetti benefici sul figlio ricadranno; e qui, mi viene in mente una frase biblica: le colpe dei padri ricadono sui figli. Come no, in questo caso è verissimo.
Altrimenti si tratta di accanimento terapeutico sul prodotto e sappiamo, sappiamo dalla vita di tutti i giorni e per altre esperienze di ben diverso impatto, che i suoi effetti tendono a essere limitati; al contrario dei costi, che sono alti.
Meditiamoci. Facciamo tesoro delle nostre esperienze (impariamo la lezione, altresì detto lesson learnt).

Firmato:
una persona pratica, che insiste, nonostante le sia capitato anche di parlare al vento

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