sabato 12 luglio 2014

Progettare il prodotto (e il processo produttivo)


Caldo l'argomento, al netto delle considerazioni sul valore che il prodotto deve (e sottolineo deve) rappresentare per il Cliente.
Caldo se non altro perchè fuori, invece, fa un certo freddino, e più che Agosto, sembra che alle porte ci sia Novembre.
Comunque.



Il prodotto è da progettare insieme al processo con cui verrà realizzato. Nell'Automotive si parla di 'simultaneous engineering', altrove, per esempio nel mondo Six Sigma, di 'concurrent engineering'. Poco cambia, il concetto è quello.

Sembra banale: ma non lo è.
Nella tradizione classica, prima si progetta il prodotto, e poi lo si va a produrre. C'è una logica: come faccio a realizzare un prodotto che non so com'è? Devo averlo presente, e nel dettaglio, prima di mettermi a pensare come realizzarlo. Quindi:
1. progetto il prodotto
2. penso a come produrlo (lo industrializzo)
3. lo vado a produrre.
Tre attività in serie (logica). Sequenza tipica del lavorare a compartimenti stagni.

Riflettiamoci: 
il Titanic era considerato pressochè inaffondabile, perchè il suo scafo era suddiviso in 16 compartimenti stagni. 



Quando chi deve progettare il prodotto ha fatto il proprio lavoro, nel buio della propria cameretta,  ha esaurito il compito. La palla passa ad un altro, ovvero a chi deve metterlo in produzione e pensare a come farlo: l'industrializzatore.


 Il quale deve darsi da fare, e in fretta, per metter su un processo che ne sputi fuori una certa quantità al giorno, o per turno; e ben fatti, ovviamente. Compito che può risultare arduo: il prodotto è congelato, non ci si torna su. Il processo per realizzarlo dove 'piegarsi' a questa realtà: è lui che si adatta. Per forza.



Con il simultaneous engineering (o concurrent che dir si voglia), la prospettiva cambia.
Chi nella tradizione classica progettava il prodotto, ancora e chiamato a farlo: non è che da questo passo si possa prescindere. Ma non lo fa più nel buio della propria cameretta: lo fa all'interno di un Team interfunzionale.



Il punto non è da poco: nel progettare il prodotto, ascolta e recepisce le istanze degli altri membri del Team. Prime fra tutti, quelle dell'industrializzatore. In sostanza, si attua un passaggio virtuoso: tra le possibili soluzioni progettuali, viene scelta quella che meglio soddisfa, sia il Cliente, sia la necessità di realizzare il prodotto 'agevolmente', ovvero senza errori, in tempi ottimizzati e in ambiente sicuro per gli operatori.

Al di là delle tecniche preventive e gestionali specifiche che si adottano per ottenere questo obiettivo, resta il fatto fondamentale che il prodotto nasce già adatto al processo, e che il processo si modella sin da subito sul prodotto da fabbricare. Si parla, in sostanza, di DFMA (Design For Manufacturing & Assembly).



Tra processo e prodotto si ha uno scambio osmotico: l'uno si adatta all'altro, con una logica win-win. L'approccio peraltro non tralascia neppure le istanze dei Fornitori coinvolti: anche loro, nella persona del Buyer, sono rappresentati nel Team interfunzionale; anche il loro DFX, per quanto possibile, viene considerato e curato.


Anche i tempi di sviluppo ne beneficiano: non si tratta più di fare attività in serie, ma di lavorare in parallelo. Si minimizza, o azzera, la necessità di modifiche di prodotto post-lancio in serie
Si è più efficienti, quindi, oltre che più efficaci.
Perchè l'obiettivo è uno solo, e condiviso dal Team: che il prodotto esca nei tempi richiesti, e 'buono'. Adesso meno che mai è tempo di lotte di quartiere.
Essendo tempo, piuttosto, di fare grandissimi balzi in avanti.


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