venerdì 23 maggio 2014

Comunicare non è uno scherzo




Comunicare non è affatto uno scherzo.


Comunicare richiede cura. Anche nelle occasioni supposte scontate, o banali.
Può essere molto difficile.


Bisogna aver ben chiaro:
- CHE COSA intendiamo comunicare (contenuti)
- il MODO in cui intendiamo farlo (per evidenziare ciò che ci preme)

Mi perdonino gli Esperti di Comunicazione: so che quanto sopra è grezzo, impreciso, non specialistico.
Mi serve soltanto per puntualizzare un paio di punti chiave:

Primo: la CHIAREZZA.
Prima di lanciarsi in attività comunicative, bisognerebbe AVER CHIARO l'ARGOMENTO che intendiamo comunicare; o almeno, la PORZIONE di argomento che includeremo nella Comunicazione.
Questo è lo Step ZERO.
Le altre considerazioni vengono dopo. 

Secondo: il famoso "PARADOSSO DI WATZLAWICK".
Recita come segue: "Non si può non comunicare".
Tutto di noi comunica. Anche il non comunicare è una comunicazione.


Ve ne parlo io, che dal basso della mia professione operativa/pragmatica, e da non specialista, applico un buon senso generico e generale.
E ve ne parlo, perchè mi capita di trovarmi difronte a situazioni in cui la comunicazione è assurda. Con implicazioni che lo sono altrettanto.

Cito due esperienze recenti di vita vissuta, entrambe significative.

Prima esperienza
Un documento ufficiale di alta levatura. Proveniente da fonte più che autorevole, istituzionale. Scritto in Inglese, e destinato ad attori internazionali (Italiani e non).
Non si capisce niente.
E non è un problema di lingua, l' Inglese non c'entra. E' un problema di assetto mentale di coloro che lo hanno redatto. Di capacità di comunicare con CHIAREZZA ciò che avevano in mente. O proprio di CHIAREZZA mentale insufficiente.
Di fatto, per gli utenti (io, e anche altri), una specie di rebus.
Ma mentre la Settimana Enigmistica e i suoi rebus e le parole crociate, e anche il Sudoku, li fai per divertirti, il documento in questione invece lo leggi perchè ti serve. Per lavorare. E se devi perdere ore per decifrarlo, tra capoversi e sintassi farraginose, frasi di un chilometro e discorsi insieme ridondanti e contraddittori, c'è qualcosa che non va.



Seconda esperienza


Esempio da manuale del Paradosso di Watzlawick. Aspetto una risposta (di Lavoro) per molto tempo. Sollecito, ma invano.

Decido di affrontare la situazione e incontrare di persona chi doveva darmela; e lo decido convinta che sarà un NO, che la questione non andrà avanti. Tanto le premesse facevano supporre; tanto mi aspettavo.
Organizzo l'incontro perchè nella questione avevo messo la faccia. Nella volontà di definire la questione in modo trasparente ed esplicito. Cosa fatta, capo ha.
Vado dunque all'incontro, e scopro che la risposta non è affatto un NO: è un SI'. Se il Si' non mi era stato comunicato fino a quel momento, era per una certa questione che doveva essere definita nel dettaglio e in modo formale; ma è un SI', non ci piove.
Ovviamente ne sono contenta: andare di persona, e vedersi, e parlare, è sempre cosa ottima.
Però adesso sono un po' nei guai.
I tempi sono diventati stretti, strettissimi. Con la mancata comunicazione che è durata settimane, oltre un mese, quasi due, il tempo di preparazione si è ridotto all'osso, mentre la deadline è rimasta quella, fissa.
Adesso per rispettarla devo fare le corse, e farle da centometrista.
Ovvio che le faccio, già ho le scarpette ai piedi, già mi alzo la mattina alle 5 per allenarmi con il fresco.
Ma mi chiedo: è corretto? E' giusto?
Non si sarebbe potuto evitare? 





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